Ismaele dice :« ...
andarmene un pò per mare, a vedere la parte del mondo ricoperta dalle acque. È uno dei miei sistemi per scacciare la tristezza e regolare la circolazione del sangue. Ogniqualvolta mi accorgo che la ruga attorno alla mia bocca si fa più profonda; ogniqualvolta c'è un umido tedioso novembre nella mia anima...; e, specialmente, ogniqualvolta l'insofferenza mi possiede a tal punto che devo far appello a un saldo principio morale per trattenermi dal discendere in strada e buttar giù metodicamente il cappello di testa ai passanti, giudico allora che sia venuto il momento di prendere il mare al più presto possibile...»
Io, Morquan, prendo il mare con il mio kayak rosso.

29 gennaio 2011

Come un'onda.


Le chiavi, non le trovo mai. Eppure sono tante, pesano, suonano.
Trovate. Mentre apro la porta, mentalmente metto in sequenza le poche mosse che mi porteranno a chiudere la giornata.
E' tardi, anche oggi ho fatto tardi.
Piatti, panni, cibo. Lavello, lavatrice, cucina.
Rapida occhiata alla volta della grotta che abito.
La macchia di umido che ho sulla testa è viva.
Frigorifero. Mi apro una birra e sento troppo silenzio.
Accendo la televisione.
Primo sorso. Troppo lungo, rischia di essere l'unico.
Telecomando. E' iniziata da un pezzo la trasmissione con il bravo scrittore e il buon conduttore, troppo buono per i miei gusti.
Apro il rubinetto. Acqua, spugna e detersivo.
Attacco con i bicchieri e le tazze.
Per ultima la padella: dà grande soddisfazione.
Dal lavello d'acciaio note di sottofondo.
Il buon conduttore cambia tono.
E' morto Mario Monicelli, dice, si è suicidato.
Le parole mi sbattono sul petto ed espiro un piccolo gemito.
Resto sorpreso dalla mia reazione. Ma ho la sensazione di dolente vuoto che si avverte nella mancanza di un affetto di riferimento.
Per la sua passione e il suo rigore adolescenziale, mi era compagno.
Per i suoi occhi sugli uomini, mi è maestro.
Era la storia e la voglia di futuro. Ero contento che ci fosse.
Malato e depresso, dicono. Ha mollato, con rabbia penso.
Poi l'inopportuno e irritante applauso in studio,
per cancellare il lutto.
Si usa così da noi: per scacciare il dolore si battono le mani.
La notte passa e mi sveglio con i notiziari del mattino.
Malato e depresso ripetono, a 95 anni si è lanciato dalla finestra.
Acqua sul fuoco, per il mio caffè lunghissimo.
Poco zucchero, perchè l'amaro che ho in bocca
ha bisogno di una terapia a scalare.
E, prima dei miei, indosso i panni del Vecchio.
95 anni e malato,
e i soffici ricordi di una vita fortunata in cui sprofondare e perdersi.
No, non avrei la forza di girare la maniglia e saltare.
Stendo miele di castagno: ne sto venendo fuori.
Penso al Vecchio così pieno che non si rassegna e sceglie il vuoto.
Penso al Vecchio così vivo che decide di morire.
Aggiungo zucchero al caffè: sono pulito.
Non si è spento un uomo.
E' esplosa una vita.
Come un'onda che frange.





11 gennaio 2011

Più o meno



Non sono analizzabile entro un insieme finito di elementi.
Non sono riferibile alla matematica del discreto.


SONO ANALOGICO.